Storia || I Franchi
I franchi

I franchi erano una popolazione, divisa in tribù, stanziatasi nella Gallia dopo la caduta dell’impero romano d’occidente; in questa popolazione spiccava la dinastia merovingia, fondata da Clodoveo ,dal nome del leggendario conquistatore Meroveo. Clodoveo aveva intrapreso una politica di conquista che , nel giro di pochi anni aveva portato i franchi al dominio di tutta la Gallia, della quale Clodoveo aveva scelto come capitale Parigi, l’antica Lutazia.I franchi erano ancora pagani, e questo favorì il loro passaggio diretto al cattolicesimo; la loro rapida conversione ebbe importanti ripercussioni anche sul piano politico e sociale. Il battesimo di Clodoveo, portò infatti alla giovane monarchia franca il consenso e l’appoggio della Chiesa di Roma.La monarchia franca era minata da alcuni gravi elementi di debolezza; all’irrequietezza dell’aristocrazia guerriera, che mal tollerava la presenza di una forte monarchia, si aggiungeva la concezione patrimoniale del regno. Infatti alla morte di Clodoveo, il regno franco fu diviso fra i suoi quattro figli: nacquero così quattro nuove realtà politiche, la Neustria, l’Austrasia, la Borgogna e l’Aquitania.Si apri di conseguenza un periodo di gravi contrasti politici e di lotte fratricide. Di questa crisi della dinastia merovingia approfittarono le aristocrazie dei singoli regni, le quali accrebbero i loro poteri a danno della monarchia.E’ in questo contesto che emersero i maggiordomi o maestri di palazzo, funzionari addetti all’aministrazione delle terre e del fisco reali. Tra tutti i maestri di palazzo si imposero quell’ dell’Austrasia, i cosidetti Pipinidi, dal nome del loro capostipite. Questi conobbero il loro apice con Pipino II di heristal, il quale, eliminati i maestri di palazzo di Neustria e Borgogna, procedette alla riunificazione del regno franco e rese ereditaria la carica di maestro di palazzo. Il suo successore, Carlo Martello, consolidò il potere paterno e si contraddistinse nella lotta in difesa della cristianità. Egli bloccò a Poitiers ,nel 732, il pericolo di un incursione musulmana dalla Spagna verso occidente. La battaglia contribuì al consolidamento del prestigio dei Pipinidi e alla rovina della reputazione dei Merovingi. Carlo Martello si comportò come un “ re di fatto” persino in punto di morte, quando divise la responsabilità di maestro di palazzo del regno fra i suoi due figli, Pipino il Breve e Carlomanno. Nel 747, Carlomanno abdicò in favore del fratello, capostipite della dinastia carolingia. Questi depose Childerico III e si fece prima acclamare re da un’ assemblea di grandi dignitari, poi, consacrare con l’olio santo da un monaco, ripetuta poi da Papa Stefano II. Il gesto equivaleva a una consacrazione divina della dinastia di Pipino, che ora i franchi non potevano più considerare come un usurpatore; di conseguenza il re aveva contratto un debito di riconoscenza nei confronti del Papa. I franchi infatti apparivano al papato come gli alleati ideali per realizzare l’autonomia politica da Bisanzio. La Chiesa di Roma, poneva le basi per un distacco da Costantinopoli che si sarebbe via via approfondito fino a diventare incolmabile. Tra il 754 e 756, Pipino, in risposta alla richiesta di aiuto lanciata da Stefabo II, compì due spedizioni militari in Italia contro i Longobardi, ricacciandoli dentro i loro precedenti confini. Desiderio fu costretto a lunghe e complesse trattative diplomatiche. Per ingraziarsi i Franchi, egli diede la figlia Ermengarda in sposa a Carlo figlio maggiore di Pipino. Ma questo gesto di riappacificazione venne annullato dagli eventi dlla corte franca .Pipino designò come successori al trono entrambi i figli; Carlo e Carlomanno regnarono così insieme per tre anni; ma alla morte di Carlomanno, Carlo si fece nominare unico re, ripudiando Ermengarda e costringendola all’esilio a Pavia. Nel 774 Carlo scese in Italia, conquistò Pavia, catturò desiderio e lo rinchiuse in un convento. Carlo aggiunse al titolo di “re dei Franchi” quello di “re dei Longobardi”. L’Italia si presentava quindi divisa in quattro zone d’influenza: l’Italia bizantina, l’Italia franca, il Patrimonio di S. Pietro, il ducato longobardo di Benevento. Carlo dopo la conquista, abbandonò l’Italia; ma i tentativi di insurrezione organizzati dai duchi longobardi, lo convinsero della necessità di consolidare la presenza franca nella penisola: egli separò la corona d’Italia da quella dei Franchi e l’affidò a suo figlio Pipino, che fu incoronato dal papa re d’Italia; contestualmente procedette alla sostituzione dei ceti dominanti locali con personaggi dell’aristocrazia franca. Carlo regnò dal 771 all’ 814. Le sue conquiste gli valsero l’appellativo di “Grande”.Il suo esercito non aveva rivali in Europa, e poteva contare su una forte e ben addestrata cavalleria, su un armamento “moderno”, sull’impiego di cartografi per la preparazione delle campagne militari e delle battaglie. I Franchi combatterono per tredici anni i Sassoni, una popolazione pagana stanziata nella Germania del Nord.
Malgrado la conversione forzata al cristianesimo di gran parte della nobiltà sassone e la sua formale sottomissione, gli episodi di ribellione si ripeterono uno dopo l’altro scatenando una feroce repressione. Nel 776, Carlo passò all’offensiva contro i musulmani di Spagna; egli riuscì a strappare al controllo islamico il territorio compreso tra i Pirenei e il fiume Ebro. Queste guerre vennero poi celebrate dai poemi cavallereschi francesi. Nel 778, Carlo mosse contro gli Avari, che dopo due campagne furono sottomessi e convertiti al cristianesimo. L’espansionismo carolingio non fu frutto di una strategia premeditata, le continue iniziative militari si sommarono più che altro casualmente, in risposta ai ripetuti attacchi che venivano da varie direzioni oppure per prevenire potenziali pericoli. Carlo e i guerrieri franchi si ritenevano perciò, protagonisti di una grande missione: convertire l’Europa. Proseguendo su questa linea di monarca cristiano, Carlo prese anche provvedimenti in materia ecclesiastica: per esempio, l’obbligo di rispettare il riposo della domenica; inoltre convocò e presiedette concili di vescovi. Carlo a differenza dell’imperatore di Bisanzio, non pensò mai di sostituirsi ai vescovi e al papa, e non confuse mai il potere spirituale con quello temporale. Egli si comportò sempre come un fedele servitore di Roma, al quale era riservato il compito di combattere i nemici della Chiesa. Nel giorno di natale dell’800, nella basilica di San Pietro, si svolse una solenne cerimonia; il papa Leone III depose una corona d’oro sul capo di Carlo, che era inginocchiato in preghiera, incoronandolo imperatore del Sacro romano impero. Per la prima volta dalla caduta dell’impero romano, un monarca occidentale acquisiva la carica di cui nessun’altro aveva mai osato fregiarsi e che recava il suggello della consacrazione papale. L’incoronazione di Natale si rivelò un evento più vantaggioso per il pontefice che per Carlo, infatti fu una geniale mossa politica del papa. Leone III, che ancora nel 779 aveva visto mettere in discussione la propria autorità in un tumulto tra fazioni aristocratiche romane, divenne l’artefice del Sacro romano impero. Carlo aveva buone ragioni per rimpianger di essere entrato in S. Pietro i quel giorno di natale dell’800. La formula, pontifica , infatti, capovolgeva il cerimoniale osservato dagli imperatori Bizantini, che si facevano prima acclamare e poi incoronare dal patriarca di Costantinopoli. Carlo, invece, fu prima incoronato e poi acclamato; questo rituale aveva un profondo significato simbolico: il potere imperiale discendeva da Dio e dal suo rappresentante in terra, il papa, l’imperatore, di conseguenza, era detentore di un’autorità temporale soggetta all’autorità spirituale del pontefice. A Bisanzio, l’incoronazione di Carlo venne considerata come una vera e propria usurpazione. La tensione che da tempo covava, finì per sfociare in una dura guerra. Il conflitto si concluse senza sostanziali modifiche territoriali, e con una piccola vittoria diplomatica per l’impero carolingio; Carlo venne, infatti, riconosciuto dall’imperatore bizantino “imperatore e augusto”, anche se non “imperatore dei Romani”.Lo stesso Carlo si rese conto del pericolo contenuto della forma dell’incoronazione. La cancelleria di corte definì carolingia Aquisgrana come “ seconda Roma”, ma non usò mai il termine di “impero romano”, preferendo quello più ambiguo di impero franco e cristiano. Quando nell’813 Carlo affiancò suo figlio Ludovico il Pio alla guida dell’impero, non volle ricorrere alla consacrazione papale, e si limitò a farlo acclamare imperatore dai franchi. Ma tutte queste cautele non potevano bloccare il processo ormai avviato, e dai tempi di Carlo in poi il rapporto tormentato fra papato e impero divenne uno degli assi portanti della politica europea. Il sovrano e i suoi dignitari risiedevano nella corte (palatium), che costituiva il centro dell’impero carolingio.

Appunto svolto interamente e offerto da Ricci
by
andrew34
 

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